Affacciato direttamente sulla Noalese, la strada che collega Treviso con Quinto, il piccolo complesso architettonico formato da villa, barchesse e oratorio, esisteva già nel XVII secolo, come sembrerebbe dimostrato da una prima indicazione certa, la data 1643 trovata impressa sulla campanella utilizzata nell’annesso oratorio. Successive annotazioni d’estimo, ritrovate durante un recente studio (ronetto-Bellicni, 1991), documentano la presenza in loco di nobili e clero di origine veneziana: nel 1680 il N.H. Gabriel Contarini; nel 1713 l’abate Giandomenico Zancariol.
La sua configurazione architettonica definitiva – che organizza i corpi secondo uno schema ad “U” – il complesso l’assunse probabilmente nel corso del XVIII secolo, quando subentra nella proprietà la famiglia veneziana dei Brilli (mercanti originari di Lugano), grazie alle ingenti fortune accumulate da Sebastiano (1658-1725). La situazione economica della famiglia, tuttavia, diviene altrettanto rapidamente critica, tanto che nel 1805 il rev. GioBatta Brilli, in cambio di un vitalizio, cede l’intera proprietà, costituita da «una casa dominicale, fabriche annesse con oratorio, ed adiacenze con giardinetto, cortile ed orto cinto di muro in disordine e parte crollato», ad Antonio Mandruzzato.
La villa verrà abitata solo saltuariamente, in virtù della funzione esclusiva di casa di villeggiatura inserita nella proprietà fondiaria, mentre nelle barchesse si succedono i “gastaldi”, o conduttori dei fondi. I discendenti di una di queste famiglie, i Busato di Quinto, presenti a “Ca’ Mandruzzato” dalla metà del XIX secolo, rileveranno gradualmente la proprietà, mutando la destinazione della casa dominicale prima in osteria (1919) e successivamente in ristorante, attività che attualmente interessa l’intero complesso.
Il corpo della villa, che sí eleva su tre piani, è affiancato da due brevi barchesse porticate, poste perpendicolarmente in modo da formare una piccole “corte d’onore”, antistante la villa e affacciata direttamente sulla strada, dalla quale la separa un alto muro di cinta, su cui si aprono tre cancelli: uno centrale, con pilastri sormontati da vasi in pietra e due laterali corrispondenti agli accessi dei portici delle barchesse. Sul lato destro, tra la barchessa e la strada, sorge la chiesetta con il piccolo campaniletto a vela e paraste sormontate da frontone triangolare in facciata.
La facciata del corpo dominicale presenta un impianto molto semplice e lineare, scandito da cinque assi di aperture, tutte a profilo architravato, collegate tra loro da fasce orizzontali, sia in corrispondenza dei davanzali in pietra, sia in corrispondenza delle cornici superiori, sormontate da cimase modanate quelle del piano terra e del piano nobile. Le aperture sull’asse centrale di simmetria si differenziano solo per la loro maggiore ampiezza, mentre il centro della facciata è evidenziato grazie alla presenza di un piccolo poiolo in pietra poco aggettantc, collocato in corrispondenza della monofora centrale.
Un semplice cornicione modanato conclude il volume su cui si imposta la copertura a padiglione. Alla severità dei volume padronale si contrappone una maggiore ricchezza di dettagli nei corpi laterali che definiscono le altre facciate della corte, a cominciare dai due bassi corpi di fabbrica che, con l’aiuto di piccole volute di raccordo e doppie statue in pietra, collegano, in modo sia funzionale che decorativo, la villa alle barchesse. Queste «rimangono attualmente la parte architettonicamente píù qualificata: ognuna con quattro archi con chiave, inframmezzati da paraste di ordine dorico e sormontati da cornice a triglifi; il tutto classicamente corretto e felice sia nel disegno che nelle proporzioni» (Tonetto-Bellieni, 1991).
La barchessa di destra aveva, al piano senni-interrato, la cantina e, al piano superiore, un grande ambiente dove emergono pallide tracce di decori a fresco. Quella di sinistra ospitava le scuderie. L’altra facciata della villa è identica e prospetta oggi su uno spazio verde rivolto alla campagna, ricordo del grande giardino retrostante, di forma rettangolare, bene indicato nel catasto napoleonico.